SFIDE PER IL FUTURO: LA CRISI DELL’ECCELLENZA

SFIDE PER IL FUTURO: LA CRISI DELL’ECCELLENZA

Giorgio Noera

Cardiochirurgo, Cavaliere Ordine al Merito della Repubblica

 

Una distinzione fondamentale tra i sistemi astratti e concreti è che i limiti di quelli astratti possono talvolta essere concettualmente individuati in spazi che non coincidono con quello fisico occupato dalle unità e relazioni dei sistemi concreti, mentre i limiti dei sistemi concreti sono sempre collocati in spazi che includono tutte le unità e relazioni interne di ogni sistema. La confusione tra concreto e astratto ha condotto a quella critica secondo cui l’astratto è logicamente privo di senso poiché non è possibile pensare alcunché che non possa essere considerato come sistema.

Tuttavia, l’ideografia può stabilire affermazioni particolari o fattuali ed enunciare proposizioni teoretiche di carattere generale. Quello che supporta questo approccio è la storia in quanto descrizione di eventi singoli e colti individualmente in una comprensione teoretica riferita ad un andamento a carattere generale.  Le radici profonde della cibernetica condividono questa capacità di analisi a cui corrispondiamo l’adattamento dei cambiamenti che si verificano nel vivere.

Il sistema dell’umano è lo spazio concettuale per perseguire particolari finalità e scopi con interazioni. La più importante è l’imprescindibile auto conservazione con i propri confini. Pertanto, collegherò l’eccellenza quale fattore del fare umano in un punto di geometria piana convergente nello spazio euclideo. In effetti questa insolita definizione è ciò che distingue il sapere della specie nelle coordinate spazio-temporali per la salvaguardia del futuro con limiti negli angoli di visuale. E ‘ovvio che le fluttuazioni contingenti sono a mezzo di adattamento, regolazione, coordinazione e integrazione con altri. Pertanto, lo spazio evolutivo nel suo complesso è un compromesso tra il sé e le funzioni collettive quali quelle ereditate. Ritornando alla storia, la filosofia dello sviluppo del pensiero occidentale è stato influenzato dalla logica e il sillogismo categorico aristotelico.

Nei secoli nell’ambito della Res pubblica, i portatori sofisti intellettualisti, hanno sempre tenuto presente la distinzione tra cittadini liberi, capaci di autogovernarsi e gli schiavi che erano invece incapaci, fino alla logica che il “più che governano” è l’antica e aristotelica “demagogia”. Questo vuole dire, che l’asimmetria logica tra democrazia e demagogia nel via-vai concettuale delle popolazioni è lo stato di fatto della sua storia, trasmessa linearmente per riprodurre il precedente come saldo. Se prendiamo in considerazione le rivoluzioni come vero cambiamento, queste le dobbiamo considerare una perturbazione nel loro saldo. In tal modo si potrà mettere sul piatto la fagocitica complessità della ideologica politica e lo sviluppo industriale nell’ insieme del “quo Vadis”.

Il panorama di oggi è l’esistenza di un concreto disequilibrio nel fare e poter fare.  Il fare esiste perché esistono persone motivate ad una certa attività, ma anche perché esistono esigenze da soddisfare, una domanda di beni per i bisogni che in altre parole si chiama mercato. Da una parte vi è una attività per trasformare i bisogni in valore economico individuandoli e promuovendo azioni proattive, dall’ altra parte l’introduzione di strumenti di ripristino della correlazione economica fondamentale: tra prestazione e controprestazione, tra utilità di un bene divisibile, prezzo e costo di produzione. Pertanto il gioco è un giro di Valzer tra costi e ricavi e le sue equazioni che via via sono interazioni che influenzano tutto questo. Nell’ individuazione di dove si colloca il “locale di ballo”, si può francamente dire che i bisogni sono un costo per la Res pubblica ed un ricavo per chi li soddisfa. L’ affittuario della pista è il governo di chi li controlla nel suo protempore corto-circuito elettorale.

In questa metafisica di scenario, la prima domanda a cui rispondere si centra nel cosa non è un sistema concreto per lo sviluppo in equazione del “quo Vadis” quale sottile diaframma di perturbazione.

Per logica vi è l’impossibilità di ridurre l’eccellenza quale relazione algebrica nel fenomeno nella creazione di nuove ricchezze macroscopicamente valutabili e nel saldo netto tra benefici e costi sociali. Se parliamo di prodotto interno lordo e trasferimento tecnologico è riscontrabile ancora il 10/90 Gap quale vettore suggestivo del 90% delle ricchezze generate per il 10% della popolazione. Questo così per l’Organizzazione Mondiale della Sanità che osserva ancora l’assottigliarsi nel numeratore delle ricchezze di ritorno per il denominatore in cui la crescita ha per frazione il costo di milioni e milioni di anni uomo vissuti in malattia. Un algoritmo, dove il gradiente economico è generato dal numeratore che travasa i costi dei bisogni del denominatore nella trappola di ricchezza a valore di beneficio per entrambe le due frazioni tra domanda e offerta. In lettura questo è un indice che crea un mercato equivalente: ricavi di produzione per la malattia e costi sociali che sono inversamente proporzionali alla produzione di salute e il ricavo per soddisfare i bisogni sociali. Questo rapporto nel quo Vadis dei tempi moderni per le leggi della termodinamica, è il mantenere costante il prodotto per le risorse disponibili.

In cibernetica, le caratteristiche funzionali dell’uomo sono ascrivibili ad un sistema biologico autopoietico di continui scambi di materia-energia nel dominio dell’informazione-percezione con l’ambiente per il movimento a procacciarle. Ne deriva che conservare la specie implica modifiche di tutta la materia materia-energia fino ai livelli disponibili sul pianeta. Pertanto, i bisogni sono la necessità di scomposizione della materia disponibile in energia e viceversa, tramite la collettività umana che li amministra per i suoi componenti.

Nel viaggio dell’astratto, la correlazione all’aristotelico modo di governo, prende le caratteristiche del saldo al soddisfatto.  Se parafrasiamo il mercato dei bisogni al governo di modello democratico o demagogico possiamo asserire: “il costo dei bisogni è la domanda di chi li ha prodotti con il saldo netto di chi li ha offerti e soddisfatti in ricchezze di ritorno, viceversa il saldo a insoddisfatti è il disequilibrio delle ricchezze”.  L’ “algebra” dei bisogni è un indicatore di rapporto tra zero e un numero primo in fluttuazione a proporzioni. La dinamica è indicata come in equilibrio o stabile quando una perturbazione è controbilanciata in modo da riprodurre lo stato precedente o instabile quando si evocano progressive deviazioni dallo stato d’equilibrio.

In osservanza all’aristotelica funzione, il “giro di giostra” del “quo Vadis” per logiche di governo bilanciate al prodotto interno lordo, portano alle laconiche considerazioni che il mercato dei bisogni nei tempi e nei concetti dell’OMS, ha tuttora in visura quel 10% quale quota capitale dei trasferimenti di ricchezze autopoietiche nel mercato stesso. In termini di fare, il formulare politiche di sviluppo sul welfare, è spostare o no il valore patrimoniale di quel 10 verso il 90 in funzione ai bisogni reali e mentali delle loro proporzioni.  Il tandem nei termini di quantità e qualità, sono gradienti d’interazioni e relazioni sulla base dell’informazione quale classico assunto tra parlatori e adottatori del dove trasferire il condensato nella sua essenza. In questo caso useremo il termine di sistema per indicare un complesso di componenti in iterazione, o di un tutto formato da parti collegate fra loro in un certo modo. Questo implica che le unità che la compongono hanno proprietà comuni, il che è essenziale ai fini della interazione e relazione tra esse. Per esempio, l’espressione di Internet quale realtà globalizzata, è di fatto una gerarchia integrata il cui comportamento è organizzato da diversi livelli d’informazione nel perimetro del sopracitato Gap.  Il presupposto fondamentale è saggio in quanto la conoscenza dell’uomo è di base per ogni ordine sociale che ha origine in ogni individuo che la compone. Il criptico e che essa implica lo strumento di accumulo di domanda dei residui percepiti per l’offerta da mettere in essere per i sentiti i bisogni. Il giro di boa è il ritorno dell’innesco quale motivo di crescita e il prodotto quale disequilibrio in forbici di esclusione per la sopra citata dinamica.

In analisi i processi nei loro aspetti sono correlativi tra eventi passati ed abitudini apprese nel modellare il governo dei bisogni. Nella teoria della consapevolezza questa è la classica continuità Markoviana che plasma quello che i fisici chiamano un aggregato. I risvolti nei ricorsi storici “vichiani” non sono altro che catene lineari di causa-effetto della già menzionata costanza del 10/90 Gap. L’analisi epicritica risiede nelle frequenze degli aggregati del medioevo che sono trapassate al demagogico e globalizzato terzo millennio. È storia di oggi come di ieri, che diversi comportamenti conflittuali o distruttivi, hanno questa matrice ovvero la necessità di conservare il rapporto che nasce o si sviluppa in questa asimmetria gravitazionale nei bisogni  e rendere inefficaci le perturbazioni.

Riassumiamo: nella trasformazione spaziale del sé in nome della collettività, il flusso del gettito delle ricchezze rimane sempre a base larga e la ridistribuzione a base stretta. Il risultato termodinamico nella metafisica è un consumo di materia per liberare energia mantenendo la distribuzione a rapporto inverso per singolo elemento del sistema. La differenza tra pace e guerra è l’accelerazione del consumo di materia ed energia a scapito del patrimonio per l’umano.

In una pennellata conclusione, la tavolozza dell’uomo con e come il pianeta è un “quid” in derivato di Feuerbach per Adamo ed Eva, del metafisico Gap tra pinguedine in accumulo e massa magra, lo spazio euclideo nel dove si trasforma la materia, la localizzazione geografica tra nord e sud e il vivere a destra o sinistra della scala proporzionale del dove si combatte per averla.

Tuttavia il bisogno e il motore che spinge gli uomini a occuparsi di altri uomini la cui sacralità dovrebbe essere saper vivere e fare vivere con attività e azioni contrapposte al collettivo del morire e non saper morire. In altri termini questa sarebbe l’Etica della vita e della morte. La filosofia e la religione si occupano di questa materia nel sordo mercato del tangibile dove l’istinto per la sopravvivenza è letta nel solo circolo economico. Vista la storia, questo mondo mistico ha avuto una rimozione costante perché è fuori dal ciclo produttivo delle ricchezze.  Tuttavia, il suo valore nell’intangibile è una ricchezza in forze emozionali astratte che conducono a costruire i sistemi concreti. Pertanto, riprendendo gli algoritmi precedenti, se considerata in forma concettuale per creare ricchezza questa è una cinghia di trasmissione per invertire proporzionalmente il costo dei bisogni e il rientro delle ricchezze in chi li ha prodotti. Teoricamente, questo potrebbe essere il vero saldo patrimoniale per collocare l’eccellenza nel giusto punto algebrico dello spazio, dove l’abbassare   asticella del Gap è il sapere delle proporzioni e nel dove si devono mettere le generande ricchezze. Strumenti per proporzioni come opera ed in opera per il capitale intellettuale e relazionale di chi produce e di chi governa la domanda e l’offerta dei bisogni. Siamo oltre sette miliardi su questo pianeta, il dieci percento concentra ricchezze il novanta percento le crea e ne riceve indietro il dieci percento. L’ eccellenza è in crisi nella sua collocazione di rapporto, ma potrà essere un dio minore se il sapere sarà cultura ed etica di qualsiasi essa sia l’impresa.